Salvatore Burrafato, “Tutta un’altra storia!”
Personaggi di Sicilia
Scrittore, giornalista, funzionario regionale, ex Sindaco di Termini Imerese per quasi due mandati e neopresidente della Gesap, società di gestione dell’aeroporto internazionale di Palermo “Falcone Borsellino”, Salvatore Burrafato è il primo personaggio pubblico che abbiamo deciso di intervistare per la nostra nuova rubrica. E non a caso in questo numero di Burnia dedicato all’Eccellenza.
Innanzitutto per la recente pubblicazione del suo nuovo libro dal titolo “Tutta un’altra Storia” (edizioni Siciliaondemand), il racconto del padre Antonino Burrafato, maresciallo delle guardie penitenziarie di Termini Imerese, ucciso dalla mafia per aver negato a Leoluca Bagarella, cognato di Totò Riina, il permesso di andare nel letto morente del padre a Corleone, a seguito di una ordinanza di custodia cautelare notificata in carcere.
Dottore Burrafato, il suo ultimo libro, il terzo, un romanzo in parte autobiografico ed in parte inventato, eppure forse il più deciso, il più emozionale, quello della maturazione.
“Non è mai stato semplice raccontare la storia mio padre. I primi due libri hanno un taglio completamente diverso, il terzo è, come dire, un libro non voluto, dettato dalla quarantena, dal covid, dall’isolamento, dall’opportunità di potersi guardare con calma.
In solitudine, guardando il tetto bianco della mansarda dove ero confinato in quarantena, non riuscivo più ad avere percezione di ciò che fosse immaginazione e sogno e di ciò che fosse realtà e ricordo, e quindi queste tessere di un grande puzzle si sono mescolate tra di loro e mi hanno consegnato questa idea di ricordare in maniera autobiografica il mio passato, il mio vissuto sdoppiandomi finanche in due fratelli gemelli, da un lato Nicola, personaggio inventato, e dall’altro Totò.
Qui, in questo gioco tra realtà e finzione, si sono intersecate le due più importanti stagioni della mia vita. Da una parte avere fatto il sindaco di Termini Imerese, un’emozione bellissima, dolorosa, complicata, sacrificata, gioie e dolori. Dall’altra la morte di mio padre per mano mafiosa”.
Il libro, tra fantasia e realtà…
“È chiaro che ci sono due modi di leggerlo, la lettura per chi conosce la vicenda e per chi non la conosce. Per chi non la conosce è addirittura credibile, immaginando che possa essere andata davvero così. Ma i tanti che conoscono la vicenda, la mia storia familiare, il mio essere, forse l’apprezzano di più perché riesce financo ad andare aldilà dei confini della realtà, in un mondo surreale. Mi permetto di immaginare che questo Stato, avendo consapevolezza del fatto che mio padre era scampato all’omicidio, lo mette in un luogo sicuro ed il luogo sicuro è la sua città natale, Nicosia. I miei nonni, il commissario Galvano, la figura di un monaco, sono i comprimari di una vera e propria presa di coscienza, di un io che oniricamente entra ed esce, mi accompagna per mano, mi abbandona”.
Il racconto della Sicilia di una volta, i costumi, la campagna, il cibo, la “tuma persa”, l’intercalare dialettico, gli usi familiari
“Da un lato c’è questo amore innato per la Sicilia che provo a fare emergere da piccoli dettagli, dall’utilizzo del dialetto siciliano, che vuole essere realistico, per dare certezze al lettore, per dare la sensazione di essere davanti ad una storia vera. Dall’altro lato viene fuori il Totò formale, un po’ bacchettone, come mi definisco io stesso. E la voglia di riscostruire in quel contesto il proprio mandato amministrativo, con le proprie esperienze di vita da sindaco che sono pagine bellissime e che ti restano appicciate addosso per tutta la vita”.
Per circa 20 anni non avendo conosciuto i mandanti dell’omicidio di suo padre, non sapendo chi fossero gli assassini, gli esecutori materiali, ha vissuto un periodo di grande amarezza…
“Non si sapeva con certezza che cosa fosse accaduto, quale fosse stata la questione scatenante. Non c’era alcun dubbio che fosse venuto dal carcere, lì c’erano le ragioni dell’ordine a farlo fuori, e quindi lì andava ricercata. Fino a che un pentito, il capo del mandamento di Porta Nuova, a domanda risponde e ne spiega sia le ragioni, sia chi ha voluto quel gesto eclatante. Sfidare lo Stato uccidendo una guardia carceraria aveva un valore molto forte e simbolico per evitare che quel mondo iniziasse a prendere la via del rigore, fare fuori un brigadiere, un maresciallo degli agenti di custodia significava dire non provate a isolarci, a chiuderci qui e a disconnetterci dall’esterno perché noi ve la facciamo pagare’. Gli anni Ottanta sono stati anni di una violenza immensa”.
Antonino Burrafato, un uomo dello Stato che per lo Stato ed i suoi valori ha sacrificato la sua vita. E poi l’incipit iniziale, la dedica a Marta, sua figlia, per il nonno che non ha conosciuto. La memoria, esempio per i giovani…
“È chiaro che l’ho voluto dedicare a mia figlia Marta che ha 16 anni e che non ha avuto il privilegio di conoscere il nonno. Una figura che manca nella famiglia, un vuoto che ho provato a colmare con questo racconto. L’ho scritto per Marta ma anche per Giovanni, per Michele, per Francesco, per Rossana. Perché sempre più mi guardo intorno e mi chiedo… ma queste nuove generazioni come possono avere memoria di quei fatti? Sui libri di scuola non ci saranno, sulla cronaca non ci saranno, sul web sono marginalizzati. Queste storie, che io definisco quasi di serie b, storie minori, vanno recuperate alla memoria collettiva, io l’ho fatto con il libro, lei lo farà con l’articolo, i ragazzi lo stanno facendo nelle scuole grazie al mio libro. Ma non dobbiamo illuderci che la battaglia contro il crimine organizzato sia finita. Oggi più che mai dobbiamo parlare il linguaggio della legalità”.
Congratulazioni per il suo nuovo incarico di Presidente Gesap: l’aeroporto di Palermo, grandi responsabilità, risultati e potenzialità.
“Se volessi utilizzare quel paradigma tra sogno e realtà io immagino la mia esperienza da Presidente della società che gestisce l’aeroporto Falcone e Borsellino nel sogno. Ho la percezione di una comunità, di una città, trentamila persone, trentamila passeggeri al giorno a cui si aggiungono tutti i lavoratori. È una comunità molto ampia che ha le sue piazze, le hall de
gli arrivi e delle partenze, dove si intersecano uomini e donne ed è come se passeggiassero per le vie di una città. È chiaro che non tutto è perfetto ma è anche evidente che il merito è di questa terra. Una bellezza che produce una grande voglia di venirla a vedere, per il bel tempo, per le questioni transfrontaliere, per il nostro enorme patrimonio culturale. Trentamila persone al giorno la dicono lunga sulle potenzialità turistiche di Palermo e provincia. Queste persone vanno accolte con servizi degni di questo nome, facendo tutto ciò che è possibile per farle stare bene”.
Partendo dal principio che rappresenta il primo impatto della città….
“Non c’è dubbio, è il biglietto da visita, non appena qualcuno scende a Palermo e varca le porte del terminal incomincia a guardarsi intorno iniziando ad esprimere giudizi, giudizi che oggi pesano e sono significativi. Noi dobbiamo fare di tutto per rendere l’aeroporto ancora più accogliente e al passo con i tempi. In questo momento ci sono in corso una serie di lavori, qualcosa è stato fatto, qualcosa ci verrà consegnato a metà estate, c’è ancora tanto da fare. Siamo già alle prese con la programmazione 2024-2027, altri 4 anni di investimenti per far si che l’aeroporto sia sempre più in grado di accogliere ed in linea con i grandi hub che ci sono in giro nel mondo”.
Francesco Cicerone