Rubrica: Intrecci culturali. Chiave dell’identità siciliana?
La Biodiversità
La Sicilia è uno di quei luoghi dove la rivoluzione agricola verde degli anni sessanta, che ha avuto tante conseguenze nefaste, ha reagito conservando parecchio del suo bagaglio tradizionale; resistono ancora da noi circa 52 varietà di grani antichi siciliani rispetto, per esempio, all’Italia intera dove di varietà antiche nel complesso se ne sono conservate appena 12.
I grani antichi di cui oggi si fa un gran parlare, sono quei frumenti che non sono stati modificati geneticamente con le moderne tecniche chimiche e fisiche e che
conservano ancora la caratteristica tipica del frumento che è quella di essere un carboidrato, cioè un alimento che serve per la nostra nutrizione per fornire zuccheri. In Sicilia resistono i grani antichi, ma in questa regione al centro del Mediterraneo, cosa è successo nel 2012? Prima che scoppiasse la guerra in Siria, il professore Ceccarelli, agronomo genetista italiano di fama mondiale, attraverso progetti di cooperazione internazionale, ha svolto la sua attività lavorativa precipuamente in Medio Oriente, ha scoperto che in Siria usavano seminare un miscuglio di grani da lui ribattezzato “evolutivo”.
Che cos’è questo miscuglio?
Si mettono insieme tante varietà diverse di grano (ovviamente per tipologia grano duro con duro, grano tenero con tenero), per far sì che da questo miscuglio si ottengano delle popolazioni abastanza resistenti sia alle avversità patogene sia alle condizioni climatiche avverse. Come sapete il Medio Oriente è una terra dove sia le condizioni edafiche dei suoli sono tendenti al desertico e non sono quelle nostre e questa tecnica serve appunto per produrre comunque anche in annate particolarmente siccitose.
Bene, quello che mi ha veramente incuriosito in questa tecnica è il fatto che intanto tramite il professore Ceccarelli questa semente di miscuglio evolutivo è giunta fino a noi qui in Sicilia proprio nel 2012. Io stesso l’ho seminato nella mia azienda nel 2017 e nel 2019 e oggi siamo in grado di poter restituire questa semente anche al caro popolo siriano che credeva di averla perduta in conseguenza del conflitto che continua a martoriarlo.
Dove risiede l’importanza del mettere insieme questo gran numero di varietà? Nel fatto che il miscuglio evolutivo sfrutta quella legge, spiegata a proposito della tecnica dell’ulivo saraceno, che è la cosiddetta legge di Liebig: quando si mettono insieme semi di varietà diverse che hanno delle performance e delle caratteristiche genetiche e fenotipiche differenti, per esempio il grano a taglia bassa, quello a taglia alta, quello più produttivo quello meno, si origina una varietà più o meno resistente a certi parassiti. Quando si mette insieme questa enorme diversità, si esaltano gli aspetti positivi della popolazione che ne viene fuori e si abbassano i difetti le caratteristiche negative di ogni varietà. E allora questo miscuglio diventa veramente “esplosivo”, nel senso che si ottengono sementi che producono infallibilmente in qualunque condizione climatica, anche la più avversa, e anche è capace di adattarsi a una varietà indefinita di territori. Tutto ciò avviene oggi in Sicilia.
Come non rivolgersi allora a questi esempi positivi per dire che l’Identità siciliana è la grande capacità di sfruttare dall’attrito, il risultato della commistione che deriva da questi intrecci culturali per creare qualcosa di veramente nuovo, qualcosa che trasformandosi non è più quello di prima.
Uno dei miti fondativi della Sicilia narra che Dio crea il mondo e alla fine passeggia con tutti gli altri santi per osservare l’esito della sua opera; inciampa e si stacca dal suo terzo occhio il diamante che porta al centro della fronte. Il diamante cadendo si posa al centro del Mediterraneo ed ecco si forma la Sicilia.
Ma questa è la prima parte del mito, per altro riportato nel vecchio sussidiario della scuola elementare di mia mamma di epoca fascista, con l’immagine di Dio che ha perso il diamante mentre guarda la Sicilia al centro del mare.
La seconda parte, raccontatami proprio da un vecchio contadino, racconta che cadendo questo diamante si fece in mille pezzi, allora chi nasce in Sicilia si porta dentro il proprio DNA, un pezzo infinitesimale di questo diamante. E qui il rischio è grande perché nascendo così ciascuno di noi si “sente il diamante stesso”. Il rischio è quello dell’individualismo e dell’identificazione che ognuno si porta dentro di sé, crescendo il siciliano comprende, o meglio riconosce, prende consapevolezza e decide allora di ricompattare il diamante, comprende che per poterlo fare ha bisogno assolutamente dell’altro da sé, cioè ha bisogno di tenere conto del frammento di diamante portato da tutti gli altri.
Paolo Valentini