“Gli ulivi ed il nostro paesaggio sono in pericolo”, parola di Leonardo Sciascia
Leonardo Sciascia, scrittore, giornalista, saggista, politico, drammaturgo e poeta, tra gli anni Settanta e Ottanta dello scorso secolo donò alla studiosa italoamericana Giovanna Jackson, di origini messinesi, che in estate soleva andare a Racalmuto, un suo archivio fatto di articoli di giornale, pensieri, ritagli, materiali inediti. Nel 2007 tale archivio fu acquisito dall’università di Toronto e così nacque Lo “Sciascia Archive Project” presso il “Department of Italian Studies” grazie al professor Domenico Pietropaolo; un lavoro che continua con l’attuale direttore del dipartimento, professor Luca Somigli.
Strutturato in 25 scatole di materiale, ognuna delle quali contenente circa 1.500 pezzi, l’archivio di Toronto può contare intanto sulla intera rassegna raccolta dall’agenzia Eco della Stampa: interviste, foto e numerosi articoli sciasciani, molti dei quali dispersi in pubblicazioni varie e non facilmente rintracciabili, non tutti reperibili e spesso assenti dalle tre grandi bibliografie dedicate all’autore di Racalmuto.
Articoli pure in francese, inglese e polacco, che vanno dal 1969 al 1988, che variano dalla difesa dell’ambiente agli ulivi della sua terra, naturalmente dalla mafia (si pensi alla sua collaborazione con il giornale L’Ora di Palermo) ai rapporti fra la letteratura e il gelato siciliano. Emerge insomma tutta la grandezza di Sciascia, intellettuale e letterato, capace come pochi altri di affrontare lucidamente nelle sue pagine anche i problemi minori, di politica o di economia, di costume e quelli apparentemente più banali, della vita di tutti i giorni, della gente comune.
Conosciute sono le preoccupazioni di Sciascia per il sistema idrico e la cementificazione meno invece l’interesse dell’ultimo Sciascia per le politiche agricole della comunità europea in relazione al paesaggio.
Diversi sono gli articoli e le posizioni civili che emergono dall’archivio Canadese sulla preservazione del patrimonio ambientale, e più precisamente le denunce in difesa del paesaggio e le coltivazioni tradizionali della penisola, come quelle degli ulivi.
Nell’archivio Canadese – ad esempio – è presente un articolo del settimanale ”Epoca” dal titolo “Uccidete l’ulivo, è un ordine!” in risposta al ministro dell’agricoltura di allora, Filippo Maria Pandolfi, sostenitore della riduzione dei finanziamenti per la produzione dell’olio di oliva Italiano da parte della Comunità Europea.
Successivamente, un’altra risposta durissima di Sciascia al ministro dell’epoca che auspicava e prescriveva di ristrutturare e riconvertire la superficie olivicola in favore di una cultura a vite:
”un accordo che impegna alla sradicamento degli olivi dalla campagna italiana fa pensare più al colpo di sonno, in chi lo ha firmato, che all’alacre veglia”.
Lo scrittore di Racalmuto, che per l’intera sua esistenza ha studiato la storia della Sicilia e ha cercato di capirne il significato, di carpirne il senso ancora attuale e produttivo nell’età contemporanea, vede dunque in quell’albero e nel suo tronco il simbolo di una storia millenaria fatta di dominazioni e di conciliazioni, di incontri tra popoli, di fieri e irriducibili contrasti che attivano un rapporto capace di plasmare le identità, attenuare le differenze e valorizzare la cultura che deriva dal contatto.
Nell’ulivo, inteso come simbolo di prosperità, Sciascia intravede anche le tracce di una svolta culturale, la civiltà e la memoria di un intero popolo.
Nel predetto sradicamento degli alberi che avevano impresso il loro stampo sul paesaggio dell’Italia, l’intellettuale vedeva una perdita di fiducia nel futuro, sradicare il paesaggio significava per Sciascia cancellare il concetto stesso di cittadinanza.
Francesco Cicerone